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Il risparmio mobiliare degli italiani ammonta a quasi 4.300 miliardi di euro.
I dati presentati da Unimpresa e da Assogestioni a fine 2017 evidenziano un aumento della ricchezza finanziaria del 4% rispetto all’anno precedente: sono cresciuti liquidità disponibile ma anche gli investimenti in titoli e fondi comuni.
Esaminiamo la ricerca “La ricchezza delle famiglie italiane negli ultimi 12 mesi” elaborata da Unimpresa su dati forniti dalla Banca d’Italia: un aumento in termini monetari di 173,5 miliardi in un anno che si traduce in una crescita di 14,4 miliardi al mese. La liquidità depositata nei conti correnti ha registrato un incremento del 6,77% ovvero di 55,9 miliardi. Vediamo nello specifico cosa detengono gli italiani nei loro portafogli finanziari e la crescita dal 2016 al 2017.
- Conti correnti/contanti: 883,7 miliardi (+6,77)
- Depositi: 456,4 miliardi (in flessione del 3,18%, complice l’impossibilità delle Banche di offrire tassi vantaggiosi)
- Obbligazioni: 327,8 miliardi (in flessione del 14,61%, le politiche monetarie accomodanti e il mantenimenti di tassi vicino allo 0 non rendono ancora oggi allettante questo tipo di investimento)
- Crediti finanziari: 14,4 miliardi (+3,72%)
- Titoli azionari: 991,3 miliardi (+9,67%, complice la crescita del mercato registrata negli ultimi anni)
- Fondi comuni: 517,3 miliardi (+9,02%)
- Riserve assicurative: 993,3 miliardi (+5,89%)
- Altri conti/passivi: 105,5 miliardi (+2,56%)
Si può evincere una rinnovata fiducia nell’investimento finanziario ed in particolare in titoli azionari e fondi comuni; d’altra parte anche le riserve assicurative hanno ben performato.
Poniamo ad esempio di avere un rendimento dagli investimenti del 4% medio annuo composto, dopo 10 anni sui 4.300 miliardi di risparmi potremmo vedere 2.000 miliardi di performance.
Come mai allora più del 20% dei risparmi degli italiani sono ancora detenuti nel conto corrente?
“La difficoltà nella gestione dei risparmi non è altro che un caso particolare dei nostri modi di affrontare, nel corso della vita quotidiana, l’incertezza del futuro (..) La ricerca assoluta della sicurezza, comporta un’altrettanto assoluta certezza di distruggere il valore dei nostri risparmi.” (P.Legrenzi).
Ad esempio il rischio di un risparmiatore che decide di investire su titoli a reddito fisso, quello di non essere rimborsato alla scadenza da chi emette il titolo (rischio default dell’emittente), viene stimato dalle società di rating. Forse non tutti sanno ad esempio che il rating B corrisponde ad una probabilità di default a 5 anni da 21,96% a 39,23%. La promessa della restituzione del capitale a scadenza ci rassicura dall’incertezza sul futuro: ma conosciamo veramente i prodotti su cui decidiamo di investire o ci basta sapere che è un titolo a reddito fisso per stare tranquilli? I titoli a tripla A (rischio default 0,1%) hanno da tempo rendimenti negativi, eppure accettiamo di allocare i risparmi in titoli sicuri, che diventano sempre più rari ed ambiti, e quindi costosi, al punto che non riescono neppure a coprire la perdita di potere d’acquisto causata dall’inflazione, così come la detenzione di ingenti somme in conto corrente.
Perché la paura può essere così forte da farci accettare tassi reali negativi? L’esperienza passata è un allarme che richiama alla prudenza dopo aver corso pericoli o aver vissuto momenti negativi: la paura serve a renderci meno vulnerabili. Purtroppo i momenti di grande paura corrispondono a mercati in saldo rispetto alla media storica, quindi ad occasioni di investimento.
“La paura con il tempo si attenua, ma il suo dissolversi è completo solo quando scompare dai ricordi” (P.Legrenzi).
Il motivo è lo stesso che sta alla base dell’affezione per gli italiani all’investimento immobiliare: la casa è il tesoro degli italiani. Un patrimonio che vale 3,8 volte il Pil del Paese: 6.227 miliardi di euro, il 77,4% delle famiglie italiane vive in casa di proprietà. Riprendendo il testo dell’Agenzia delle Entrate nell’ambito della fiscalità immobiliare in Italia, si legge: “il legislatore italiano, ha dato piena attuazione alle raccomandazioni – in materia fiscale – delle organizzazioni internazionali, operando una modifica della composizione del prelievo nella direzione di un aumento della tassazione immobiliare.” Dal 2005 al 2015 si è passati dal 2% al 3,6%; 19,7% è la percentuale in meno del valore delle abitazioni usate tra il 2010 il 2017; 36,4% è la percentuale in meno del valore dell’intero settore delle costruzioni nel periodo tra il 2007 e il 2016; tra il 2008 e il 2018 l’apporto al Pil del settore è sceso dal 29% al 17%.
Ma il mattone non dà la percezione del rischio perché non si può misurarne in ogni momento il valore.
La sicurezza è data dalla non conoscenza.
La paura è il peggior nemico di un investitore. Se consideriamo il rendimento medio annuo a 30 anni di un investimento nello S&P500 ad esempio otteniamo queste performance:
- 1926 – 1956: +10,77% considerando la Grande Depressione in cui il mercato ha perso più dell’80%, la II Guerra Mondiale, la Guerra in Corea e la Depressione.
- 1956 – 1986: + 9,63% considerando la Guerra in Vietnam, lo shock petrolifero, inflazione a doppia cifra e sei recessioni.
- 1986 – 2016: +9,99% considerando il Black Monday nel 1987, l’11 Settembre, la Guerra in Iraq e in Afghanistan, il crack della Lehman Brothers , la crisi economica del 2008 e tre recessioni.
“Se il giovane sapesse e il vecchio potesse..” se non si inizia sin da subito a comprendere l’importanza dell’educazione finanziaria e di un investimento che abbia meno fai da te e più competenze, non avremmo altri 30 per mettere in pratica e rimediare ai nostri errori.
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Articolo pubblicato su Non Solo Fisco al seguente link
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